03/04/11

The placenta you were born.

Sono arrivato in Sicilia il venerdì sera raggiungendo i miei che erano già lì dai nostri parenti.
Per tutto il soggiorno mio padre si è lamentato del contesto, ovviamente avendo cura di farlo quando era in sola presenza mia e di mia madre. In realtà loro erano lì da tutta una settimana e un po’ lo capisco. No, non è vero, non lo capisco. Non capisco perché non si rilassi e prenda la vita con meno pesantezza magari un po’ più di distacco. Mancavamo da anni, a me ha fatto piacere tutto di questo weekend e a quello che non mi piaceva alzavo le spalle. Mi è dispiaciuto tornare, quello sì, anche se non ci vivrei e di questo siamo tutti sicuri.
Ho passato un finesettimana intero a mangiare, mangiare bene ma sicuramente troppo: lì ogni invitato ad un pasto porta qualcosa, sommato alle portate già presenti di chi organizza e se tu non mangi qualcosa, l’artefice si offende, anche se può non esternalizzarlo. Quasi solo pesce. E poi dolci e pane, buonissimi.
La gente è calorosa, l’accento è forte e il dialetto ancora di più (ammetto di capire un terzo di una frase in dialetto) l’aria è buona e il mare era un peccato vederselo da lontano e non poterlo sfruttare. Si vive con poco e di sicuro con quel poco si riesce a fare molto di più. Le famiglie sono numerose e le nuove coppie nascono e proliferano in fretta. Sembra tutto molto locale, pure troppo, come si perdesse di vista quel che succede nel resto del mondo. Basterebbe un po’ più di approfondimento ed interesse collettivo e le cose potrebbero essere diverse, migliori.
Mia madre era radiosa ed entusiasta di essere di nuovo lì, ma secondo me anche felice di non viverci più.

God bless Lily St. Cyr.

Girovagando a vanvera (proprio così) su internet noto un fenomeno ormai scontato che dapprima mi incuriosisce, poi mi affascina, poi mi fa insospettire, poi mi secca e poi mi fa proprio incazzare, in ogni caso mi provoca non poche domande.
Il fenomeno in questione riguarda il successo dei blogger, ed in particolare quei casi più famosi di personaggi (non chiamiamoli “persone” perché pur pubblicando informazioni e materiale  talvolta anche  molto personali, rimangono personaggi e sono sicuro che la loro vita ha altri risvolti) che in un’epoca remota e di cui si ricordano solo lettori fedelissimi hanno dato vita ad un blog su cui poi hanno ben bene lavorato, non metto in dubbio che dietro ci sia tanto impegno (perché il postare qualcosa di sensato o interessante lo è) e col passare del tempo e l’aumentare dei lettori si sono fatti conoscere e sono diventati un fenomeno di cui si è poi parlato anche fuori dalla rete (e questo è ancora una volta testimonianza che la rete è il vero presente, quando non è addirittura futuro, e tutto il resto è solo in ritardo).
Io ne conosco un paio di questi blogger, specie tra i fashionisti, ma sono sicuro che ce ne siano a quintalate che ignoro.
Fin quì sembra una bella storia di bravura, duro lavoro e un pizzico di fortuna. Ma la cosa non mi convince fino in fondo.
Faccio fatica a credere che un Bryanboy sia partito dal postare giornalmente i cavoli suoi conditi col suo amore per la moda (chi non ne è innamorato) e a distanza di pochi anni sia invitato con posto d’onore a tutte le sfilate e beva il tè con Anna Wintour. Come faccio fatica a credere che Perez Hilton abbia fondato un blog perdendo le sue giornate a parlare di quel gossip che puoi reperire anche in migliaia di altri siti ed oggi si smessaggi su Twitter con Lady Gaga.
Quì c’è qualcosa sotto.
Prendiamo proprio Bryanboy: da quel che mi ricordo, quando ancora il suo url era quello della piattaforma di blog da cui lanciava idiozie e non il dominio registrato di adesso, si è sempre potuto permettere borse da migliaia di euro e scarpe di pitone, ci si faceva le foto con l’autoscatto, me lo ricordo. Comprava già su LuisaViaRoma, tant’è che me lo ha fatto scoprire lui il sito (per navigarci, mica per comprarci, io non posso). Dubito che i banner pubblicitari che metti sul tuo blog supervisitato ti rendano così ricco da permetterti due borse di Louis Vuitton al mese e far sì che dopo un paio d’anni Marc Jacobs ne battezzi una col tuo nome. Ho provato a fare qualche ricerca sul web per capire le sue vere origini, ma è come se nessuno se ne fosse interessato e se si legge l’intervistina infiocchettata che vogue.it gli ha fatto, non ci si trova niente che già non si sappia o che non abbia a che fare con sogni che si sono avverati (fosse per me, se potessi permettermi abbigliamento e accessori di quel genere avrei già tutti i miei sogni avverati).
 Cosa mi chiedo io? Semplice: chi è Bryanboy? Di chi è figlio? Perché ha così tanti quattrini? Cosa c’è sotto? Stesso dicasi per Chiara Ferragni, che dopo due post letti dal suo blog ho dovuto smettere per l’incazzatura sulle borse Dior nelle sue foto.

La mia è solo invidia?
Probabilmente è anche invidia. Ma è anche una specie di senso di rivendicazione per quei milioni di blogger che scrivono cose, pensieri o racconti brillanti, le cui parole spesso si perdono, sono occasioni mancate per chi non le legge.
Le cavolate che scrivo io sono principalmente per me, non sono abituato ad avere commenti ma scrivo lo stesso, è il solo mio modo per lasciar traccia a me stesso. Che esperienza rileggersi, rileggere del proprio dolore, dei propri errori o della propria felicità. E’ come sfogliare un album fotografico ricordandosi le scene, ma sei tu che te le racconti.