10/05/12

He thought you were the Candyman.

Sono in ufficio e mi torna in mente (e nel naso) l’odore del tipico cesso da locale gay londinese. Lo so che non è una bella immagine, ma quando bevo poi vado spessissimo in bagno e quelli dei locali gay londinesi sanno tutti dello stesso odore. Sarà un fatto di umidità.

Il ricordo che mi porto dietro da quest’altro weekend lungo londinese è di me che con gli amici vado a fare un aperitivo e neanche ho messo piede nel locale che aggancio lo sguardo su un bellissimo ragazzo. Caso strano, ricambia lo sguardo. Tra un sorso e l’altro continuo a guardarlo e lui a guardare me, così a forza di sguardi il mio bicchiedere di scadente Pinot londinese finisce subito. Poi dobbiamo andare a cena e a me gira la testa quando lui si avvicina vedendo che prendevamo i cappotti. Si presenta, capisco il nome ma non mi resta in mente. Canadese che sta a Londra. Svengo quasi, di sicuro balbetto. Mi chiede cosa farò dopo e io giro la domanda agli altri che rispondono che andremo al Village. E lui gli dice qualcosa su cui loro ridono subito, mentre a me ci vuole qualche secondo in più. Traducendo, suona pressappoco così: “Con quanta probabilità andrete al Village? Giusto per capire se il numero devo chiederglielo subito per sicurezza.”

Ora, a questo punto del racconto le mie amiche dall’Italia sostengono che io vada a Londra a fare turismo sessuale. Il che sta diventando sempre più vero.
Quella sera non ci siamo ribeccati per poco.
Ci siamo visti l’indomani per una passeggiata a Docklands. E per ammirare la vista sulla città dal balcone di casa sua.

In realtà vengo a Londra a trovare te, così lontano ma così presente.
Sono arrivato a tarda notte, abbiamo deciso che tu dormissi, dato che l’indomani lavoravi. Ho esplorato la tua nuova casa da solo e mi sono seduto sulla penisola del divano con una felicità immensa ed un’immensa tristezza nel sentire un pezzo staccarsi e partire alla deriva. E chi lo riprende più.