Prendo spunto dalla mia nuova bici fiorentina per fare qualche riflessione sulla vita.
La mia nuova bici fiorentina in realtà è la bici di mio padre, già in buono stato, se non che ho dovuto fargli raddrizzare la ruota posteriore perché s’era leggermente storta quella volta che – tanto per cambiare - litigando con mia madre lui, per quello stupido vizio che aveva di scassare le cose quand’era incazzato, scaraventò il velocipede da qualche parte o contro qualcosa e la ruota dietro ne aveva risentito. Erano in pineta a Viareggio in quel momento, credo.
Oltre a questo intervento, ci ho fatto aggiungere un bel cestino stabile, che poi quando la stagione migliora ci porto su Birillo per andarcene a distendere al sole in qualche parco o giardino. Così almeno possiamo lasciar perdere la vecchia bici che è un ammasso di ferraglia tenuto insieme con lo scotch. Mentre scrivo “Birillo” lui, dalla sua cuccia, ferma la zampa che gli gratta il collo e mi guarda (pensa che io stia per portarlo fuori).
Fermo restando che se qualcuno mi rubasse questa bici io potrei scoppiare a piangere in mezzo alla strada, il pensiero inevitabile su mio padre e sul fatto che i suoi oggetti siano sopravvissuti a lui fa scattare tutta una serie di ragionamenti.
La mia di vita di quì a vent’anni sarà accanto a mia madre, poche storie. Questo di sicuro fino a che anche lei non se ne andrà e io rimarrò con un pugno di mosche in mano. Nel frattempo i sogni di gloria saranno tramontati e io me la vedrò solo con la fila alle poste e la spesa settimanale. Si noti che non tocco l’argomento “vita sentimentale”.
Questo mi va bene?
Diciamo che mi deve andare, perché da certe cose non si può scappare, ma se è per questo neanche si vuole.
Questa prospettiva mi fa domandare: e poi? Quando rimarrai solo, che farai? L’unico concetto di famiglia che ti rimarrà sarà quando tuo fratello chiama lo zio zitello per il pranzo di Natale?
I pochi a cui capiterà di leggere queste righe, a questo punto penseranno “sì bimbo, però esageri eh” ma vi dirò che questa è la vita, null’altro.
Quindi?
Quindi casca a fagliolo la proposta, finora detta con simpatia ma io so che c’è un fondo di verità, della mia amica che mi dice che dobbiamo fare un figlio insieme. Io che lo volevo un figlio, ma avevo abbandonato l’idea per scrupoli sull’egoismo e sulla società. Il fatto è che a questo punto un figlio è ciò che può tenermi in vita, in termini di motivo per cui svegliarsi, andare a letto e, nel frattempo, continuare ad esistere.
Le varianti di queste prospettive sono che mia mamma un giorno “si riaccompagni” e io possa continuare ad andare in giro per discoteche o che alla fine io faccia un figlio e questo mi viene su punkabbestia odiandomi.
Ma chi può dirlo.