28/08/13

Head under water.

“Alla fine succede, in qualche modo che prima non sapevi.”


Rientro a casa ed il cane mi viene incontro.
Cioè.
Va incontro alla pallina, se la porta via e mi guarda con fare minaccioso e provocatorio, poi quando vede che non lo considero me la porta proprio.
Nel frattempo sto togliendomi scarpe, giacca e cravatta, mi do una lavata ed inforco jeans e maglietta. Il cane ha capito che stiamo uscendo di nuovo e allora salta come un grillo.
Per strada supero il box del fioraio ladro e punto direttamente all’Ape parcheggiata lato strada che vende mazzi di roselline a cinque euro. Il “titolare” non fa che chiamarmi dottò e risce a sganciarmi dieci euro, tra l’altro confezionandomi i fiori in un elegante foglio della Gazzetta.
Punto di nuovo a casa, ma non salgo: io ed il cane montiamo in macchina e guido verso l’ospedale, in mezzo al traffico dei tifosi della Fiorentina che vanno allo stadio.
Mentre percorro i cortili della città-nella-città che è Careggi, penso che la vita cambia e ti conquista. Tutto quello che hai sentito fare da sempre, e che ti ha sempre lasciato indifferente, adesso ti sembra un’avventura, un’impresa emozionante, che sia lavorare o comprarsi casa o... fare un figlio.

Tuo figlio, detto anche arbitrariamente “mio nipote”, è bellissimo, minuscolo, fragile.
Me lo dai in braccio, non so neanche tenerlo talmente è piccolo. Gli sorreggo la testolina, dorme pacifico, sembra non accorgersi di nulla e invece ci siamo incontrati per la prima volta.
“Ti voglio già bene” gli sussurro.

E’ davvero quel miracolo che dicono.