Di come ho volato sul mare e di come mi sentivo un pesce fuor d’acqua e pensavo a chi non c’è più.
Era la prima volta che arrivavo su Birgi, l’ultima volta doveva pure essere così ma per le operazioni militari con la Libia pensarono bene di dirottare tutto su Palermo, comodo. La pista dà talmente sul mare, che durante l’atterraggio l’aereo sembrava quasi dover planare sulle onde, tanto era basso e tanto vedevi vicina l’acqua.
I miei zii ci sono venuti a prendere e dato che era mattina presto si è subito cominciato con una genovese alla ricotta, buona.
Quello che mi investe subito quando scendo in Sicilia sono gli odori, tra cui quelli più sigjnificativi:
- casa dei miei zii, è rimasto lo stesso odore, anche se nel tempo hanno cambiato casa;
- il pane, ovvero il filoncino croccante al sesamo;
- il profumo di mia zia, che ritengo sia impossibile sia rimasto lo stesso, ma tant’è.
Quando io e mio fratello eravamo piccoli, d’estate con i miei andavamo in Sicilia in macchina.
In macchina.
Dalla Toscana.
Era un viaggio interminabile, che spezzavamo in Calabria. Poi l’indomani eravamo già a mangiare un arancino sul traghetto per Messina. Mio padre guidava per ore, infatti era sempre incazzato. Non avevamo aria condizionata e sono sicuro che io e mio fratello rompevamo i coglioni dai sedili posteriori. Tuttavia non riesco ad immaginare niente di più bello. Più bello anche del volo Ryanair che ci mette un’ora, neanche te ne accorgi e sei in Sicilia, che un tempo dire Sicilia mi faceva venire in mente l’altro capo del mondo.
Poi c’è stato il cenone, eravamo una ventina a casa di mia zia che s’è spezzata la schiena per tenere insieme tutti i pezzi. C’erano i miei zii sessant-settantenni, i miei cugini quarantenni e i loro figli decenni. Mancava la mia generazione, di cui ero l’unico rappresentante, infatti non mi sentivo granché stimolato. Volevo bere, ma poi non ho fatto neanche quello.
Cercavo di tenere alto il morale, specie quello di mia madre, che sembrava non averne bisogno. In realtà mi sentivo strano io, in realtà già dall’arrivo, in realtà sapevo benissimo perché. Sentivo pulsare qualcosa, ed era per lo stesso motivo per cui porto una fede non mia al dito sbagliato della mano sbagliata. Per lo stesso motivo per cui “il dolore c’è ed è di chi ce l’ha”.
Poco prima della mezzanotte sono uscito in giardino e subito quello stupido di cane è venuto ad elemosinare delle carezze, e se smettevo mi leccava il palmo e infilava il muso sotto la mano. Mi sono messo a guardare le luci arancioni che partono da Valderice verso il mare, qua e là qualche scoppio di fuochi colorati, si stava bene anche senza cappotto.
Quando sei bambino e piangi, di quel pianto disperato col singhiozzo che quasi ti soffoca quando lo scavalchi, la soluzione migliore è addormentarsi.
Ed è l’unica soluzione che vedo possibile per passare da un giorno all’altro.